L’intelligenza artificiale brucerà il 50% dei posti di lavoro

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Intelligenza artificiale: un settore sul quale si investe molto, ma anche un’arma a doppio taglio. Non parliamo di robot imprevedibili o di minacce fisiche, ma del fatto che concretamente le macchine che vengono progettate oggi sono sempre più in grado di svolgere compiti che fino a ieri potevano fare solo gli esseri umani. Il margine d’errore è minimo.

Giunge il tempo, secondo un professore della Rice University, Vardi, di “confrontarsi col problema prima che questo sia sopra di noi”. E il problema è: cosa faranno gli esseri umani se le macchine fanno tutto? Potrebbe sembrare un’affermazione fantascientifica, ma ogni giorno che passa diventa sempre più vera. E per un datore di lavoro comprare delle macchine potrebbe essere un investimento. Nessuna malattia, nessun TFR, nessun giorno o ora di pausa. Insomma, il lavoratore ideale. E d’altronde la legge prevede la normativa sul c.d. licenziamento tecnologico, o licenziamento per giustificato motivo obbiettivo.

Non a caso molti esponenti del settore, fra cui scienziati come Stephen Hawking, suggeriscono un approccio quanto meno prudente al tema dell’intelligenza artificiale. La preoccupazione è che quest’ultima possa progredire fino a non lasciare neppure più spazio agli esseri umani. Insomma, croce e delizia, questo tema impone riflessioni non di poco conto.